Processo a Gesù

12.17 aprile

Queste mie parole non costituiscono certo delle “note di regia”, ma sollecitano a me e a chi legge una domanda: perché abbiamo rimosso tutti gli autori teatrali del ‘900 italiano ? Perché un giovane nato nel 2000 non sa e probabilmente non saprà mai chi sono e cosa hanno scritto per il teatro Gabriele D’Annunzio, Ugo Betti , Natalia Ginzburg, Curzio Malaparte, Alberto Moravia, Renato Simoni, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Raffaele Viviani  e potrei continuare per pagine e pagine… Credo sia certamente compito del Teatro Pubblico ( in modo precipuo, ma tocca a tutti noi ) salvaguardare la memoria ma soprattutto dimostrare l’attualità a volte devastante della drammaturgia italiana del ‘900.

Processo a Gesù

Queste mie parole non costituiscono certo delle “note di regia”, ma sollecitano a me e a chi legge una domanda: perché abbiamo rimosso tutti gli autori teatrali del ‘900 italiano ? Perché un giovane nato nel 2000 non sa e probabilmente non saprà mai chi sono e cosa hanno scritto per il teatro Gabriele D’Annunzio, Ugo Betti , Natalia Ginzburg, Curzio Malaparte, Alberto Moravia, Renato Simoni, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Raffaele Viviani  e potrei continuare per pagine e pagine… Credo sia certamente compito del Teatro Pubblico ( in modo precipuo, ma tocca a tutti noi ) salvaguardare la memoria ma soprattutto dimostrare l’attualità a volte devastante della drammaturgia italiana del ‘900. E invece, escludendo De Filippo e Pirandello, certamente i massimi, ma anche i più vendibili, non gliene frega niente a nessuno. Uno dei recuperi per me più belli e significativi credo risalga a 41 anni fa, a “Il Cardinale Lambertini” di Alfredo Testoni -oggi qualcuno sa chi sia?-  regia di Squarzina, con Squarzina direttore del Teatro di Roma e con un gigantesco Gianrico Tedeschi ( in camerino da lui mi inginocchiai e lui mi disse : “Geppy, mi stai scambiando con il personaggio?” ). Qualcuno potrebbe citare il meraviglioso “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” regia Ronconi, anch’egli allora direttore del Teatro di Roma (guarda un po’…) del 1996, anche se quello spettacolo era la riduzione del grande romanzo di Carlo Emilio Gadda. Ma non importa: era un capolavoro.

E oggi questa rimozione colpevole, per non dire vergognosa, personalmente la riscontro sulla mia pelle. E purtroppo soprattutto su quella di Diego Fabbri. Con tutti gli spettacoli prodotti dalla Impresa che dirigo rappresentiamo centinaia di recite. Vendute prima che lo spettacolo sia andato in scena. Ma “Processo a Gesù”, opera meravigliosa, pietra miliare della nostra drammaturgia, non interessa. A nessuno. Anche alla cerchia ristretta a cui dovrebbe interessare. E questo nonostante un successo lusinghiero nell’anteprima rappresentata in tempo di Covid estremo, e un cast di 18 attori (dico diciotto) di livello formidabile da Paolo Bonacelli a Marco Cavalcoli a tutti i giovani e i meno giovani che vedrete in scena. Come naturalmente non interessa il suo autore. Diego Fabbri è stato a lungo persona delle Istituzioni, Presidente dell’ETI, intellettuale riconosciuto. Ma autore scomodo: poco amato dai laici perché cattolico; e poco amato dai cattolici perché “cattolico del dissenso”. Eppure per chi crede e per chi non crede, Processo a Gesù è un’opera fondamentale. In due parole: in un trito processo itinerante, celebrato in qualsiasi teatro o palestra o fabbrica dismessa, Gesù viene messo sotto accusa. E puntualmente condannato. Ma questa volta, in una dinamica brechtiana e ancor di più mutuata dalla trilogia Pirandelliana del “teatro nel teatro”, il pubblico in sala si ribella. Gesù non può essere condannato. Gesù è forse l’unica e ultima speranza. Il contrasto tra i due mondi degli accusatori e dei difensori, entrambi innocenti e colpevoli, è dilaniante, attuale come carne viva, determinante per la coscienza di ognuno di noi. “…Se mi si mostrasse che Cristo è fuori dalla Verità, ed effettivamente risultasse che la Verità è fuori di Cristo, io preferirei restare con Cristo anziché con la Verità. Perché Cristo è il reale…Cristo è il vero scandalo”. È Dostoevskij che parla. E Kierkegaard gli fa eco: “…Profondamente nell’intimo di ogni uomo si nasconde l’angoscia che egli debba ritrovarsi solo nel mondo, dimenticato da Dio, sperduto tra milioni e milioni di esseri, nello smisurato ordinamento del mondo…”

E quindi, se credi, in Gesù c’è la salvezza, se non credi e non sei un decerebrato, con Gesù devi fare i conti.

                                       Geppy Gleijeses

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