Alessandro Preziosi torna al Teatro Quirino di Roma, dopo i successi di Napoli Teatro Festival e Teatro Romano di Verona e al culmine di una lunga tournee nei più importanti teatri italiani con lo spettacolo “Aspettando Re Lear” versione contemporanea dell’omonima celebre tragedia scespiriana che si concentra sulle vicende dei personaggi positivi della trama approfondendo con grande attualità il rapporto tra padri e figli scandagliato mirabilmente dalla poesia del Bardo.
La regia di Alessandro Preziosi con immersiva visionarietà si avvale dell’innovativa presenza nello spazio scenico delle opere del maestro Michelangelo Pistoletto, materiali artistici che rappresentano tutto il percorso del maestro biellese e che si animano magicamente della presenza degli attori definendo la scacchiera onirica e concettuale della messa in scena.
Le musiche originali rinnovando la lunga collaborazione tra Alessandro Preziosi e Giacomo Vezzani seguono con tensione e pathos tutto il percorso della discesa nella follia del patriarca scespiriano e lo sprofondare nell’oblio della cecità della fidata corte alternando ritmi martellanti a struggenti epiche fino al commovente finale. Alessandro Preziosi è affiancato da Nando Paone nel ruolo di Gloucester, già interprete di uno straordinario Sganarello nella fortunata edizione del Don Giovanni di Alessandro Preziosi, rappresentato con successo proprio al Teatro Quirino e da una compagnia affiatata di interpreti tra cui spiccano Roberto Manzi nel ruolo di Kent e Valerio Ameli nel ruolo di Edgar.
Lo spettacolo
“Ho immaginato un Re non semplicemente arrivato alla fine dei suoi anni, ad un passo anagraficamente dalla morte, ma piuttosto spinto dalle circostanze e dalla trama a cercare nella maturità, e non nell’età, il tassello conclusivo della propria vita. L’impazienza che accompagna il rocambolesco circolo di eventi in cui Re Lear travolge prima di tutto sé stesso e quindi gli altri, mi ha suggerito di creare uno spazio mentale teatralmente e scenicamente reso materico dalle opere in scena”
Alessandro Preziosi
Aspettando Re Lear è un adattamento da Shakespeare con un evidente richiamo a Aspettando Godot di Samuel Beckett, uno spettacolo sul difficile rapporto tra padri e figli, sulla relazione tra Uomo e Natura e sulla perdita e il ritrovamento dei valori. Nello spettacolo si parla di follia, di potere che distrugge, di solitudine di caos dentro e fuori, “l’unico ordine possibile” per Michelangelo Pistoletto. E in scena ci sono le opere e i costumi del maestro, costumi iconici realizzati dal collettivo Fashion B.E.S.T. con materiali sostenibili, come anche delle musiche composte da Giacomo Vezzani sono ispirate ad opere dell’artista. Parlando di questa commistione multidisciplinare tra arte contemporanea e teatro, commenta Alessandro Preziosi in veste di regista: “A teatro ho condiviso la messa in scena dei presupposti del Terzo Paradiso, la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la Natura. L’uomo deve cercare di non essere debitore alla Natura di ciò che indossa: il senso dell’abito, del superfluo, dello stretto necessario sono tematiche di Michelangelo Pistoletto che porto a teatro. L’uomo nella sua nudità trova sé stesso, e così anche noi attori durante lo spettacolo veniamo privati dei vestiti, per farci vedere per quello che siamo”. L’adattamento di Tommaso Mattei, si concentra sul momento chiave della tragedia shakespeariana, rappresentato dalla tempesta che colpisce il re proprio mentre vaga alla mercè degli eventi atmosferici dopo disastro combinato con ognuna delle “amate” figlie. Lear, accompagnato dal conte di Kent, sotto le mentite spoglie del servo Caio, e dal fedele Fool, a sua volta “interpretato” con arguzia della figlia Cordelia amorevolmente impegnata a farlo rinsavire, sembra assistere inerme allo sconvolgimento dell’ordine naturale fino all’inaspettato finale. Re Lear è la metafora della condizione umana: caduta e creazione. Ama solo sé stesso, la mancanza d’amore l’ha portato alla follia e alla solitudine; vaga in una landa di nulla con cui il sovrano senza più corona dovrà fare i conti. È come se Re Lear prevedesse l’inevitabile nulla che ci attende come risultato del fatiscente ordine permanente, proprio come Aspettando Godot ci rivela quel che accade “dopo che il vecchio cade”. A pagare le conseguenze della “cecità” dei padri, dovranno essere i figli?
Le opere
È il caso, parola cardine della filosofia pistolettiana, l’artefice dell’incontro tra Michelangelo Pistoletto e Alessandro Preziosi complice la mostra personale del maestro biellese “Infinity” presso il Chiostro del Bramante di Roma. Sul palcoscenico ad accompagnare gli attori alcune opere di Michelangelo Pistoletto, materiali di scena per raccontare il rapporto tra padri e figli, la relazione tra tradizione e innovazione, tra uomo e natura. Michelangelo Pistoletto è nato a Biella nel 1933. Nel 1962 realizza i Quadri specchianti, con i quali raggiunge in breve riconoscimento internazionale. Precursori e protagonista dell’Arte Povera con i suoi Oggetti in meno (1965-1966) e la Venere degli stracci (1967) a partire dal 1967 realizza, fuori dai tradizionali spazi espositivi, azioni che costituiscono le prime manifestazioni di quella “collaborazione creativa” che svilupperà nel corso dei decenni successivi, mettendo in relazione artisti provenienti da diverse discipline e settori sempre più ampi della società. Negli anni Novanta fonda Cittadellarte a Biella, ponendo l’arte in relazione con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Ha ricevuto innumerevoli premi internazionali, tra cui nel 2003 il Leone d’oro alla carriera della Biennale di Venezia e nel 2007 il Wolf Foundation Prize in Arts “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d’arte premonitrici che contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo”.
I costumi
Modularità, unicità e caratterizzazione: questi i tre principi d’ispirazione per i costumi. Studiati come pezzi unici e iconici raccontano ogni personaggio seguendone l’evoluzione durante lo spettacolo, permettendo una trasformazione e una vestizione scenica che si concretizza nella visione e nella gestualità del racconto shakespeariano. Il materiale è il denim, particolarmente resistente all’usura ma anche agli stress; un tessuto contemporaneo, popolare e versatile che permette ai costumi di essere, a fine ciclo vita, interamente riciclati. I personaggi che nello spettacolo si svestono per esprimere uno stato di nudità vengono coperti con un completo nero in mussola di cotone. Il nero è proposto come il non- colore che permette di ritornare a fare parte del tutto, scomparire per poi ricomparire con consapevolezza, ma se lo si interpreta dal punto di vista artistico il nero è l’assenza del colore ed è quindi espressione del denudarsi per permettere poi ai colori di tornare a dipingersi sui corpi e esprimere l’essenza di noi stessi.