Fedra

4.9 ottobre

In questa nostra era, siamo tutti un po’ Ippolito: a pezzi, a brandelli.

Fedra

NOTE DI REGIA

Quando mi si è prospettata la possibilità di curare la regia della Fedra di Seneca, immediatamente sono stata colta da un senso profondo di inadeguatezza. Poi, la sfida.
E allora mi sono chiesta: “Quale può essere la mia visione di Fedra oggi? Dove posso collocarla?”
Riflettendo e studiando, ho sentito che in questa tragedia c’è sicuramente all’interno di ciascuno di noi una parte di ogni personaggio, e che forse, in questa nostra era, siamo tutti un po’ Ippolito: a pezzi, a brandelli.
E così ho pensato che una discarica infernale, uno “sfasciacarrozze di tutti i tempi”, potesse essere il luogo in cui collocare questa Fedra.
Fedra, Ippolito, Teseo, la Nutrice, il Messaggero, ma anche il coro – l’intero dramma è popolato da “persone” che si muovono e arrancano tra le macerie della propria esistenza. Anche il rapporto conflittuale con il potere rievoca una sempre contemporanea messa in discussione della coscienza sociale. Le dinamiche, le ossessioni, le patologie, i mostri non solo interiori dei personaggi si svelano attraverso la pièce, nella loro tragica verità.
Da anni poi, desideravo lavorare con Valentina Banci, a mio modesto parere una delle più potenti, moderne attrici del nostro teatro. Sono innamorata della sua forza espressiva e della sua capacità di rendere “vero” anche il più ostico dei versi. Ecco: vero, moderno. Questo è quello che vorrei arrivasse: la forza della “parola” di Seneca – così tragicamente contemporanea.
Ma temo non sia stato Seneca ad essere incredibilmente avanti, piuttosto, forse, siamo noi uomini ad essere rimasti tragicamente indietro.

Elena Sofia Ricci

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