Un tè per due regine

27.28.29 settembre

Due tazze e due donne, Peggy Guggenheim e Palma Bucarelli che si osservano in tralice.

Un tè per due regine

Un tavolino e una teiera di porcellana “veneziana” che continua a fumare ininterrottamente per il calore dell’acqua.
Il calore della teiera come a rappresentare l’umore che le due donne hanno nutrito l’una verso l’altra. Due tazze e due donne, Peggy Guggenheim e Palma Bucarelli che si osservano in tralice. Ogni tanto una prende lo specchietto dalla borsa per controllare il trucco e si guarda, mentre l’altra finge di non guardare come sanno solo fare le donne.
Da questo “quadro” parte il racconto di due affascinanti e geniali donne che hanno costruito e deciso le sorti dell’arte contemporanea negli Stati Uniti e in Italia.
Due donne che inizialmente hanno collaborato e poi sono state rivali e nemiche.
La fotografia risale al 1948 quando si sono incontrate alla Biennale di Venezia, la prima Biennale dopo la seconda guerra mondiale.
E da questa fotografia parte il racconto di Peggy e Palma, una sorta di flusso di memoria dell’una verso l’altra a conoscersi e a capire cosa divideva e cosa invece univa due menti raffinate e certamente all’avanguardia del mondo contemporaneo.
Uno spettacolo che riesce anche a guardare all’aspetto ironico della vicenda, soprattutto avendo a che fare con due donne intense e con una forte componente critica. Peggy e Palma si confrontano, si combattono, si stimano, riescono a essere anche complici e incredibilmente molti tratti della loro vita si somigliano. Esce fuori il loro carattere ironico e nel contempo malinconico, in cui usciranno momenti della storia dell’arte contemporanea basilari.
I racconti spesso s’incrociano e le due dialogano o addirittura l’una diventa i personaggi evocati dall’altra e così narrano la propria storia personale e quella del Novecento che ha prodotto l’arte e la cultura di un’epoca da considerarsi d’oro, con artisti, scrittori e intellettuali come Fontana, Kandisky, Pollock, Argan, Rothko, Monelli,
Beckett, Duchamp, Cocteau e molti altri, che hanno accompagnato le due Monuments Womans nella loro florida e affascinante vita.
Nello spettacolo ci saranno alcune proiezioni in cui saranno rappresentate quelle che sono divenute le due “magioni” musei delle rispettive donne: la Galleria Nazione d’Arte Moderna e Palazzo Venier dei Leoni.
Nostra intenzione è di poterlo programmare non solo nei teatri, ma negli spazi dell’arte museali, pubblici e privati, contemporanei e classici che lo ospiteranno.

NOTE DI REGIA

Ho avuto la fortuna di poter lavorare in uno spettacolo teatrale con Renato Nicolini e Marilù Prati alcuni anni fa su un testo di Von Kleist. E’ stata un’esperienza di grande arricchimento per me sotto tutti i punti di vista. Scrivo questo ricordo per riportare una delle definizioni più giuste sulla Bucarelli: “Palma seppe restare coerente a un tipo che oggi può apparire in via di estinzione, quello del funzionario statale, e alla logica degli interessi istituzionali. Unica donna in un ruolo maschile, che seppe interpretare con grande leggerezza femminile, senso della vita e dei suoi piaceri.” Renato Nicolini
Con Marilù Prati siamo tornati a lavorare assieme su Palma Bucarelli ben due volte. L’ultima con un testo “Io volevo diventare Caterina di Russia” in cui siamo riusciti a raccontare la vita di colei che possiamo considerare la “creatrice” dell’arte contemporanea in Italia. Ha combattuto con tutte le sue forze per portare avanti un concetto, oggi naturale, ma allora osteggiato da molti, persino e soprattutto dai politici con cui si è trovata spesso in contrasto: l’arte contemporanea è anche astrattismo.
Caterina Casini e Marilù Prati dopo aver condotto il laboratorio “Palma e Peggy” al
Macro Asilo hanno deciso di mettere in scena un lavoro sulle due Monuments
Womans e dopo aver visto lo straordinario spettacolo di Caterina Casini “Woman
before a glass” (Intorno a Peggy Guggenheim) di Lanie Robertson abbiamo intrapreso assieme questo progetto.
Dietro al salottino una quinta teatrale a fare da sfondo da cui scaturiscono le immagini delle donne, le due Gallerie che sono diventate anche le loro abitazioni:
Palazzo Venier a Venezia e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma.
Dal bianco e nero delle fotografie cambiano i colori in una sorta di installazione contemporanea. E le fotografie dei loro amori, uomini, scrittori, fotografi, giornalisti:
Giulio Carlo Argan, Samuel Beckett, Paolo Monelli, Laurence Vail, Brancusi…
Gli oggetti di scena creati da Maria Teresa Padula, due cornici “dorate” che le due attrici girano e rigirano tra le loro mani come se attraverso vedessero le opere scelte per le loro mostre e due cornette telefoniche che le due donne prendono per non comunicare, perché spesso le loro conversazioni sono delle vere e proprie partite a scacchi in cui non sempre vince chi ci aspettiamo.
Il tempo narrativo e teatrale ha continui flash forward e flash back in cui le due donne tentano di spiegare a noi e l’una e all’altra cosa le ha spinte a scegliere degli artisti invece che altri, a creare delle correnti artistiche, ad aver agito contro l’una perché la prima cosa è difendere la propria indipendenza e il proprio agire.
Il salottino è lo stesso, che si vede nella fotografia di Peggy Guggenheim e Palma
Bucarelli fotografate alla Biennale di Venezia del 1948 nel giorno che si sono conosciute personalmente.
La Guggenheim ha lo sguardo fiero e impenetrabile rivolto verso un punto della stanza con in braccio uno dei suoi amati cagnolini. Palma, vestita sempre in modo elegante e impeccabile, la osserva ammirata. Questa fotografia racconta molto e proprio da questa immagine è partito il nostro racconto.
Le due attrici SONO Palma e Peggy e ci riportano con la loro interpretazione le due donne in modo esemplare, con i rispettivi pregi e criticità, con l’ironia yiddish di
Peggy e quella scanzonata ma puntigliosa di Palma, che le hanno rese le protagoniste che ancora oggi riconosciamo.

Francesco Suriano

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